mercoledì 28 dicembre 2011





Che cosa succederebbe se il volto umano esprimesse fedelmente tutta la sofferenza di dentro, se l'espressione traducesse tutto il tormento interiore? Riusciremmo ancora a conversare? Non dovremmo parlare nascondendoci il volto con le mani? La vita diventerebbe decisamente impossibile se i nostri tratti palesassero l'intensità dei nostri sentimenti. Nessuno avrebbe più il coraggio di guardarsi allo specchio, perché un'immagine insieme grottesca e tragica mescolerebbe ai contorni della fisionomia macchie di sangue, piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime irrefrenabili.
-Cioran




Me lo sono copiato tutto, ma ne è decisamente valsa la pena. 


Amy Winehouse - Lo zombie di lusso



  È l'alba di una calda domenica mattina di giugno, e Amy Winehouse è nella sua casa, nella zona nord di londra. fissa il proprio riflesso in uno specchio scuro, squadra il suo corpo minuto, valuta le braccia emaciate e tatuate, la folta capigliatura nera ad alveare, il bagliore allucinato dei suoi occhi verdi trasparenti. intorno a leiregna un disordine spaventoso. Sacchetti di patatine abbandonati, carta stagnola accartocciata, bottiglie di birra, mutande e vecchie carte di credito, raccontano di una nottata che dura da settimane, forse mesi. Benché il sabato della Winehouse non sia ancora del tutto finito, la domenica si annuncia con un urlo. I giornali sono partiti in quarta e l'hanno bruscamente risvegliata dal suo weekend sognante con un altro scandalo a tutta pagina. Questa volta si tratta delle fotografie e dei video – trapelati da una telecamera digitale smarrita – che mostrano la Winehouse in vari stati di abbandono, ripresa dal marito, attualmente in carcere, Blake Fielder-Civil. A scandalizzare questa volta non è la foto che la ritrae circondata da pipette di crack (ce ne sono state troppe di foto simili quest'anno), ma un video con lei e un'amica che cantano divertite a Fielder-Civil una canzoncina piena zeppa di insulti razziali: «Neri, paki, cina e musi gialli, sordomuti, ciechi e omosessuali...».
I titoli del mattino parlano di sesso, droga e insulti razziali. Ma davanti alla casa della Winehouse nemmeno l'ombra di un addetto stampa, o un manager, di una squadra anticrisi che prenda le difese di una delle più famose vocalist dell'ultimo decennio e le impedisca di essere gettata in pasto al pubblico. Non è nel suo stile, stava solo scherzando con un'amica... La cantante inglese Remi Nicole legge attentamente il giornale, annoiata. Dice all'amica che tutto questo scandalo deve finire. «Va bene Remi, è finita», risponde lei bruscamente. «No, sul serio, come facevano a sapere di te e Alex e Kristian?», chiede Nicole, riferendosi ai presunti flirt extramatrimoniali della Winehouse riportati dalla stampa. «È... Insomma... Il passaparola...», risponde con aria abbattuta. «Devi mandare affanculo tutte queste teste di cazzo che lo fanno 'sto passaparola», dice Nicole e dopo una pausa: «Perché ti ha fotografato con quella pipetta da crack?», dice riferendosi a Fielder-Civil. «Non è andata così, amore mio», risponde con dolcezza la Winehouse mentre scruta il pavimento alla ricerca di un foulard, «devi sapere... Ci sono un sacco di cose che hanno meno importanza per me che per te». «Già, come fumare crack», dice Nicole farfugliando. «Non l'ha fatto apposta», continua la Winehouse, «mi ha fatto quelle foto perché eravamo in viaggio di nozze. Diceva che ero carina». Ritrova il foulard rosso con i puntini bianchi, alla Minnie, e se lo lega velocemente in testa con un bel fiocco. Si toglie la maglietta senza maniche e si fissa il petto. Il tatuaggio con il nome del marito le batte sul cuore strizzato da un reggiseno grigio a pois. «Mi metto il mio top spagnolo?», chiede a nessuno in particolare.

Intanto, in strada, il branco sempre più numeroso di paparazzi si addensa impetuoso a pochi centimetri dalla porta di casa, le telecamere puntate. Pregustano le risposte della Winehouse. Lei si sta “preparando a incontrarli” da un'ora. Si disegna con estrema cura lo sbaffo alla Cleopatra attorno agli occhi, sopra vecchie tracce di trucco. Le lunghe unghie rosse curate lasciano trasparire una linea nera di resina sul bordo. Labbra rosa brillante e il fondotinta a coprire piccole croste in via di guarigione. «Che cosa dirai Amy?», le chiedo dal divano dove sono seduta a scribacchiare da alcune ore. Alle quattro del mattino – dopo avere trascorso metà notte davanti al suo appartamento nella speranza di un’intervista – con mia grande sorpresa la Winehouse ha aperto la porta e mi ha invitata a entrare per bere una birra. Da quel momento, si aggira per casa mutando stati di coscienza, scomparendo ogni mezzora circa su per le scale, in camera, e tornando per parlare con me un po' della sua musica, un po' della droga, e molto del marito in carcere. Nel frattempo si dimostra una padrona di casa premurosa e cordiale. Mi prepara del tè e mi procura carta extra per i miei appunti. Ora, pensando ai paparazzi che la aspettano fissa il proprio riflesso in uno specchio scuro... «Potrei uscire là fuori e dire... No, lo so». Muove lentamente la bocca: «Non so, davvero». Sistema per l'ennesima volta la capigliatura e si avvia coraggiosamente e a passo svelto giù per le scale. Apre la porta e con perfetto tempismo un’esplosione di flash la inonda. Voci urlano il suo nome. «Amy! Amy! Amy!». «Credo di dovermi scusare», inizia sbattendo gli occhi, storcendo la bocca e dando dei colpetti ai capelli, come per sistemarli, con aria innocente. «Non ti scusare Amy, non ti scusare!», urlano i fotografi mentre le sparano sventagliate di flash. «Ti amiamo, e i tuoi amici ti amano!», «Dicci qualcosa Amy», urlano. «Qual è il titolo del nuovo album?». Sorride lasciandoli in sospeso. Poi con aria maliziosa dice: «Black Don't Crack». Lo scorso anno Amy Winehouse, 24 anni, si è trasformata da massimo talento celebrato e in ascesa della scena musicale mondiale in un tragicomico disastro di dimensioni epiche. Fin dall'inizio della sua carriera sostiene di essere solo una ragazza follemente innamorata del proprio uomo. La sua vita, la sua storia e il suo talento, niente di tutto questo sembra valere la pena di essere discusso quando si può parlare di Blake, di quanto sia bello, di quanto stiano bene insieme. «Siamo così innamorati, siamo una cosa sola», mi dice entusiasta. «Blake, Blake, Blake, Blake, Blake, Blake», ripete in trance.

Figlia di un tassista e di una farmacista, la Winehouse è cresciuta in un appartamento della zona nord di Londra perennemente avvolto da voci jazz come quelle di Dinah Washington e Frank Sinatra. Sam Shaker, proprietario di un vecchio club a Soho, Jazz After Dark, ricorda la sera in cui quattro anni fa la Winehouse gli chiese se poteva cantare un paio di pezzi con la blues band. «È salita sul palco», dice Shaker, «e non so cosa le passasse per la testa: era ubriaca, era fatta? Non ci capivo niente. Ma poi ho sentito la sua voce. La band ha smesso di suonare». A 17 anni firma un contratto discografico con la Island e nel 2003 esce il suo primo album, Frank, interamente dedicato a un ex fidanzato. I singoli del disco funzionano, compreso il piccante Fuck Me Pumps che offriva uno sguardo critico sulle prostitute inglesi. L'album riceve la nomination ai Mercury Music Prize. Ma la Winehouse aveva già cominciato ad alimentare la propria fama selvaggia presentandosi strafatta ai concerti. Nel 2003 incontra Blake Fielder-Civil in un bar. Ragazzotto belloccio giunto a Londra dalle campagne del Linconshire, Fielder-Civil lavorava part-time sui set di video musicali. Lei si prende una cotta spaventosa. Il nome del ragazzo finisce immediatamente tatuato sul suo petto. Ma la loro storia è travagliata fin dall'inizio. Durante una separazione, in cui Fielder-Civil la lascia per un'altra donna, la Winehouse scrive gran parte di Back to Black, il suo secondo album. Dopo alcuni episodi di ubriachezza molesta, i dirigenti della casa discografica cercano di mandarla in un centro di disintossicazione. Lei rifiuta. Quando Back to Black finisce in classifica negli Usa, lo scorso anno, la cantante viene salutata come il futuro della musica soul. Il disco vende due milioni di copie in America e vince cinque Grammy.

Poco dopo il matrimonio con Fielder-Civil a Miami nel maggio del 2007 le cose cominciano ad andare male. In novembre, Blake è arrestato per l’aggressione al proprietario di un bar dell'Est End avvenuta nel giugno del 2006 (Fielder-Civil si era dichiarato colpevole). L'arresto del marito la fa cadere in uno stato di depressione. Alla fine del 2007 cancella il suo tour, dichiarando: «Non posso dare il massimo sul palco senza il mio Blake». E in gennaio, dopo che The Sun pubblica alcune sequenze di un video nel quale appare fumando crack, la casa discografica la manda di nuovo in disintossicazione. Non ci resta per molto e, mi confessa allegramente, continua a farsi per tutto il tempo.

La scorsa primavera le vicende legate alla wine-house si susseguono una dopo l'altra. I tabloid ci vanno a nozze pubblicando una sfilza di immagini della Winehouse infelice e sventurata, di solito fatta e mezza nuda. Girano voci di relazioni extraconiugali. È arrestata (e in seguito rilasciata) con l'accusa di detenzione di droga e diffidata dalla polizia per aggressione. Il suo stato di confusione mentale raggiunge il parossismo in maggio, quando il cantante dei Babyshambles Pete Doherty invia a YouTube dei video che ritraggono i due in una stanza buia mentre giocano con dei topolini appena nati, le dita incrostate di resina nera, usando gli animali come pupazzetti in una rappresentazione teatrale nella quale pregano il marito della Winehouse di non chiedere il divorzio. Sempre in maggio, Mark Ronson, dj e produttore che lavora con lei, cancella le sessioni di registrazione per la title song del prossimo 007. «Non sono sicuro che Amy sia ancora pronta a lavorare sulla musica», dichiara. Gira la voce che sarà la giovane cantante Leona Lewis, bella e in salute, a sostituire la Winehouse per la colonna sonora di James Bond.
Lei dice che queste sono le conseguenze dei suoi guai amorosi, del fatto di essere stata forzatamente separata dal suo unico amore, il cui nome appare in una spilla a forma di cuore che spesso porta tra i capelli. «Mio marito non c'è, e mi annoio, sono giovane», mi dice. «Mi sembra non ci sia nient'altro per cui valga la pena di vivere. È solo un momento di difficoltà». La Winehouse raramente è sola. La casa in cui vive in un vicolo silenzioso e poco frequentato della chiassosa Camdem, è meta per tutta la notte di musicisti, spacciatori, massaggiatrici, amici e fan che entrano ed escono liberamente. Fuori, il branco di paparazzi sempre presente la assedia, fumando sigarette e facendo battutacce che hanno a che vedere con la lunghezza dei loro zoom. La Winehouse è il loro pane quotidiano e, tutto sommato, un lavoro piacevole. I paparazzi scherzando la chiamano “il pifferaio magico di Camden” per la sua capacità di incantare. Lei li tratta come animali domestici: prepara loro il tè e diverse volte, quando si avvicinano, li bacia. Per questo la amano e parlano del suo talento e del suo modo di vivere con rispetto. «È fatta di crack, ma si vede che è una bella persona», dice Simon Gross, un fotografo freelance. «Vorrei vederla stare bene. Spero un giorno di farle delle foto in cui gira in bicicletta al parco».

Nelle ore che passo con Amy la cosa più salutista che si concede è il lettino abbronzante, che usa tutti i giorni. Spesso sembra abbia difficoltà a stare sveglia e debba lottare per tenere gli occhi aperti. «Prendo le medicine della notte», dice. «Sono così stanca...». La Winehouse sembra sola, alla ricerca perenne di compagnia. «Donne, non cercate di usarmi», blatera barcollando. La sua fiducia è notevole. A un certo punto discute perfino di come vestirsi per la serata con due fan al citofono. Ha le braccia cosparse di tagli e croste e mentre sale le scale se le gratta furiosamente. Mi offre birra con ghiaccio e lime ma si accorge di non avere birra. Manda Nicole a chiedere ai paparazzi di andare a comprargliela e quando il fotografo torna a portargliela lei ride per la sua richiesta di essere pagato. Si trascina in cucina, un mare di piatti sporchi, e sciacqua dei bicchieri per la nostra birra. È stordita, dimentica continuamente quello che sta facendo, muove nervosamente lo sguardo per la stanza. «Mi dispiace, ti sto facendo fare un'intervista di merda», dice gentile rivolta a me, una reporter totalmente inaspettata entrata in casa sua alle quattro del mattino. Ci mette dieci minuti a lavare i bicchieri accarezzando i bordi lentamente con la spugna e asciugandoli con un enorme straccio da cucina lurido appoggiato sul bancone. Aggiunge birra e ghiaccio e ci rovescia dentro della vecchia soda.

Decido di chiederle come sarà il suo prossimo disco. «Stessa roba del precedente ma più ska». Già iniziato a registrarlo? «Il punto non è la registrazione, è altro». Le chiedo cosa sia accaduto con Ronson. Dice che era prevenuto perché aveva letto i giornali. «Siamo abbastanza intimi. Pensavo potessimo risolverla diversamente, tipo: “Ehi tesoro, sono io!”». Aggiunge che sono stati in studio a Oxford per alcuni giorni, ma di non essere riuscita a comunicare con lui: «Gli cantavo pezzi che mi piacciono, tanto per creare l'atmosfera giusta, e lui aveva un atteggiamento tipo: “Forza Amy, lavoriamo”. Era davvero... Molto nervoso». Le si affievolisce la voce poi si riprende, cordiale: «Dopo tre giorni se n'è andato, e io ho pensato: “Oh, finalmente si può respirare, sono in campagna e posso mettermi a scrivere”». Le domando come sono le canzoni. «Finite sono dei pezzi d'atmosfera, fantastiche, tipo...». Si esibisce in una specie di ballo anni 60, una bond-girl ancheggiante che dimena le dita e spalanca la bocca. Uno «Whaaa...» è il suono che esce. «Tipo le ragazze che ascoltavo, come le Shangri-Las».

Le chiedo di Doherty: «siamo solo buoni amici. Ho chiesto a Pete di fare un concept ep. Ha fatto una faccia. Come se avessi cacato sul pavimento. Non lo farà. Siamo davvero molto amici». Tira fuori la chitarra, e strimpella I Will Follow Him, un pezzo degli anni 60. Appoggia la chitarra e scompare su per le scale. Quando torna entra in sala vacillando, sposta il vassoio con le bottiglie e i bicchieri e chiede a Nicole un massaggio: «Massaggiami la faccia, Remi». Si siede di fronte a Nicole, prende una pillola, l'olio per il massaggio e asciugamani di carta. «Stai seduta?», chiede Nicole, che sembra assolutamente sobria. Nel giro di qualche minuto, irrequieta, si sposta nuovamente sul divano e sprofonda la testa nel portatile mentre Nicole massaggia diligentemente la sua piccola schiena nodosa. «Adoro Amy», confessa Nicole. «Già...», risponde la Winehouse con una voce sdolcinata, «Mi adora». «Amy è una persona super onesta», prosegue Nicole, «mi fa impazzire. È speciale». Piegata sul portatile, la Winehouse borbotta: «Già, con esigenze speciali...». «Lei mi odia quando lo dico, ma ha un cuore d’oro», insiste Nicole. «Di legno», farfuglia la Winehouse. «È una donna molto democratica», aggiunge Nicole. Che poi rincara: «Voglio innamorarmi come Amy. Credo di esserlo stata in passato...». La Winehouse solleva la testa: «No, se lo fossi stata saresti morta ora perché non siete più assieme». Ci tiene a mostrarmi il suo album di nozze, ma prima vuole mangiare. «Sono a stretta dieta di pizza», dichiara sicura di sé, «sono a stretta dieta ingrassante. Adoro il cibo. Sono stressata». Torna dalla cucina con un banana sandwich strabordante e lo copre di patatine. Passa a Nicole il portatile incrostato di ditate e macchie e le chiede di mostrarmi le foto di lei e del marito che se la spassano passandosi pillole con la lingua. La Winehouse si alza per andare a prendere altro cibo. Nicole continua a mostrare le fotografie e d'improvviso compare il viso indistinto di Amy preso dall'alto con un telefono in mano e un pene gigante in bocca. Io e Nicole distogliamo lo sguardo. «Non sono mai stata in cura. Insomma, in cura come si deve», Amy parla dalla cucina. «Sono giovane, e sono innamorata e ogni tanto vado fuori di testa. Ma non mi sono mai detta: “Ok, Amy mettiamo le cose a posto”».

Sono le 9.00 del mattino e gli ultimi paparazzi se ne vanno urlando: «Grazie Amy!». «Non c'è problema», risponde lei. Poi borbotta: «Musi gialli del cazzo...». E scoppia a ridere. Mi chiama premurosamente un taxi e mi accompagna giù per le scale invitandomi ad andare con lei qualche giorno dopo a un concerto a Mosca. L'oligarca russo Roman Abramovich le ha chiesto di esibirsi in un concerto privato in cambio di due milioni di dollari (ma il giorno dopo il suo manager mi telefona per annullare l'invito...). Dopo lo spettacolo russo, i giornali hanno raccontato che la Winehouse fosse ubriaca e gli organizzatori di Abramovich abbiano cercato fino all'ultimo di sostituirla. Dicono abbia cantato con ore di ritardo e senza indumenti intimi. La sua addetta stampa, Tracey Milller, nega e insiste nel dire che è andato tutto bene. Amy ha in calendario diversi festival e concerti questa estate. Ma a metà giugno è svenuta in casa ed è stata portata in ospedale da suo padre. La notizia è finita su tutti i giornali e la Miller dice che la cantante resterà in ospedale: «Affrontiamo le cose giorno per giorno», dice, «da un certo punto di vista, è un bene che sia lì».




Da Rolling Stone, Luglio 2011 



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